3 giugno 2024 – La biopsia liquida – un’indagine che, attraverso un semplice prelievo di sangue, permette di rilevare e analizzare il Dna tumorale circolante (ctDna) o le cellule tumorali eventualmente circolanti nel sangue – sta diventando un’arma sempre più precisa, ed un’ultima, innovativa evoluzione del test ha dimostrato di poter prevedere la recidiva del cancro al seno, in pazienti ad alto rischio, mesi o addirittura anni prima che si verifichi una ricaduta. Un team di ricerca dell’Institute of Cancer Research di Londra ha infatti utilizzato una biopsia liquida ultrasensibile per rilevare la presenza di piccole quantità di Dna canceroso rimaste nel corpo dopo il trattamento per il cancro al seno in fase iniziale. I risultati dello studio sono stati presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) in corso a Chicago. Campioni di sangue di 78 pazienti con diversi tipi di cancro al seno in fase iniziale sono stati sottoposti a screening per rilevare il Dna tumorale circolante. I campioni sono stati raccolti dalle donne al momento della diagnosi prima della terapia, dopo il secondo ciclo di chemioterapia, dopo l’intervento chirurgico e ogni tre mesi durante il follow-up per il primo anno. Poi, i campioni sono stati raccolti ogni sei mesi per i successivi cinque anni. I risultati hanno mostrato che il rilevamento del ctDna era associato a un alto rischio di recidiva futura e ad una sopravvivenza globale più scarsa. La malattia molecolare residua è stata rilevata in tutti gli 11 pazienti che hanno poi avuto recidive. La sopravvivenza mediana per i pazienti con rilevamento del ctDna è stata di 62 mesi.
Le cellule del cancro al seno “possono rimanere nel corpo dopo l’intervento chirurgico e altri trattamenti, ma possono essere così poche da non essere rilevabili. Queste cellule possono causare ricadute nelle pazienti affette da cancro al seno molti anni dopo il trattamento iniziale. Gli esami del sangue ultrasensibili potrebbero offrire un approccio migliore per il monitoraggio a lungo termine dei pazienti il cui cancro è ad alto rischio di recidiva”, sottolinea il primo autore dello studio Isaac Garcia-Murillas. La biopsia liquida rappresenta una nuova opportunità anche per una particolare categoria di pazienti con tumore al seno, ovvero quelle con un tumore al seno metastatico caratterizzato dalla mutazione genica Esr1 e che non rispondono più alle terapie standard: “Il test è in grado di rilevare e analizzare le cellule tumorali circolanti e, se fosse confermata la mutazione genica Esr1, queste pazienti possono beneficiare di un farmaco mirato, elacestrant, che è in corso di approvazione da parte di Aifa ma cui le pazienti possono già accedere grazie ad un programma di accesso privilegiato promosso dall’azienda produttrice”, afferma il presidente di Fondazione Aiom (Associazione italiana di oncologa medica) Saverio Cinieri. Ma la biopsia liquida, aggiunge il presidente eletto Aiom, Massimo Di Maio, “può anche portare grandi risparmi al Ssn, dal momento che solo i pazienti risultati positivi vanno poi indirizzati verso ulteriori cure ed esami”. Ad oggi, gli utilizzi della biopsia liquida, validati in pratica clinica, sono ancora limitati. Il primo impiego ha riguardato il tumore del polmone non a piccole cellule avanzato, per la valutazione dello stato mutazionale del gene Egfr, quindi come fattore predittivo di risposta alle terapie mirate. Le applicazioni cliniche emergenti di questa procedura riguardano soprattutto i tumori del colon-retto, della mammella, della prostata e il melanoma nella forma avanzata.
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